27 Novembre 2010

 

 

Non essere assunti dopo aver vinto concorsi pubblici. Che costano 3 miliardi l’anno. di Giuseppe Cozzolino

 

Vincere un concorso pubblico e non essere mai assunti. Non una storia, ma tantissime storie incastrate nella varietà geografica e politica dell’Italia del XXI secolo. E mentre un’intera generazione di giovani viene divisa tra precariato e disoccupazione, il Paese spende cifre folli per continuare a bandire concorsi scavalcando ogni graduatoria. Il tutto a vantaggio delle aziende esterne che vengono lautamente foraggiate per l’allestimento dei concorsi, e che sono le uniche la cui situazione permette di incassare una valanga di soldi pubblici.

Le cifre. Sono oltre 100mila, stando alle stime della Cgil, le persone coinvolte nella grande truffa dei concorsi pubblici. Il Sole24ore non si discosta molto (70mila). Un numero enorme, un esercito di giovani e meno giovani che dopo aver accarezzato il sogno del “posto fisso”, progettando una famiglia propria ed una vita indipendente da quella dei genitori, sono costretti a restare fermi nel limbo della perenne attesa di una chiamata. Tanto lunga che a volte le graduatorie scadono, ed i festeggiamenti per il concorso vinto diventano così meri ricordi di un’illusione svanita.

 

I costi. Chi ci guadagna da tutto questo? I privati. Le agenzie esterne che organizzano per conto dello Stato i concorsi. E guadagnano niente male: il giro d’affari è stimato in 3 miliardi di euro l’anno, tutti soldi dello Stato, e quindi, dei cittadini. Per fare due conti calcolatrice alla mano: un membro di commissione prende un “gettone” che oscilla tra i 123 ed i 309 euro, più un bonus per ogni prova dei candidati esaminata, che va da 0,10 a 0,50 centesimi per ogni prova. Considerato il numero medio di partecipanti ad un concorso pubblico, ogni membro arriva a prendere anche 7.500 euro. E non è un’esagerazione: il Comune di Treviso ha dovuto fare un’ordinanza in cui ha posto il limite di 3.000 euro a componente. Chiaro segno che spendeva infinitamente di più. In media, stando ai calcoli dell’Agenzia delle Entrate, lo stato spende, per ogni persona che partecipa ad un concorso pubblico, 1.500 euro circa. E se teniamo conto che, stando ai dati dello Stato, tra il 2001 ed il 2009 sono stati banditi 14.240 concorsi pari a 26.500 posti (di cui 19.000 nei comuni), si può fare un rapido calcolo di miliardi di euro “bruciati”. A Napoli, gli sprechi abbondano. Il Comune emanò un maxi-concorsone per 534 posti amministrativi. Boom di domande (112mila) che arrivarono perfino dal Trentino e dalla Lombardia (con buona pace della Lega Nord): l’azienda esterna che si occupò di tutto fu la Formez, ed il costo totale del concorsone fu di 3 milioni e 200mila euro. Niente male. Per la Formez, s’intende.

 

Le cause. Le mancate assunzioni sono generate da tantissimi fattori, come spiega Alessio Mercanti, portavoce del comitato “27 ottobre”, che riunisce tutti i vincitori di concorsi non assunti. Che indica tra le cause anche alcune leggi: il blocco del turn-over ed il decreto Milleproroghe. “Il primo, - spiega - consente alle Amministrazioni pubbliche di poter procedere ad acquisizione di personale nel limite del 20% della spesa relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente e comunque per un numero di unità non superiore al 20% delle unità cessate. Regola valida fino al 2013, poi nel 2014 il limite salirà (salvo nuove leggi) al 50%, e nel 2015 al 100%. Il decreto Milleproroghe, invece, ha previsto una nuova riduzione, in misura non inferiore al 10%, degli uffici dirigenziali di livello non generale e delle dotazioni organiche, comminando, quale sanzione, il divieto di assunzione, a qualsiasi titolo, per le Amministrazioni destinatarie della ulteriore riduzione che non vi abbiano provveduto nel termine del 30 giugno 2010 (art. 2 commi 8bis e ss. del D.L. n .194/2009, convertito con modificazioni nella legge n. 25 del 26 febbraio 2010, ndr)”. Senza contare i paradossi. Enti pubblici che bandiscono concorsi, stilano graduatorie, e nel frattempo vengono soppressi. In barba anche al rispetto dei giovani che vi hanno partecipato, investendo tempo e denaro, e che non potranno mai essere assunti in un ente che non esiste più. “Ci sono anche casi di enti che bandiscono concorsi, ma contemporaneamente stabilizzano dei precari, rendendo di fatto inutile il concorso stesso”. Alessio è chiaro, non ce l’ha ovviamente coi precari stabilizzati, ma con gli enti che organizzano queste mini-truffe. “Sarebbe una guerra tra poveracci. Ma l’ente, piuttosto, perché bandisce concorsi per poi non assumermene i vincitori?” E conclude: “Stiamo cercando di arrivare ad una soluzione che soddisfi tutti – conclude Alessio – anche se il tempo stringe: le graduatorie scadono nel giro di 24-36 mesi, per cui bisogna fare in fretta. Per il concorso campano, speriamo in una proroga regionale. Poi è chiaro che di ente in ente, la situazione è diversa”.

 

La questione media. Il fattore che però più colpisce è l’effetto mediatico, che è quasi assente. Mentre infatti i grandi media seguono 24/7 vicende di cronaca come il delitto di Avetrana, oppure le bagarre politiche, il silenzio in cui sono stati lasciati questi ragazzi è tremendamente assordante. “A parte un'inchiesta realizzata venerdì scorso (il 19, ndr), non c'è stato altro” ci conferma Alessio. “Francamente è sconcertante” conclude. Nelle prossime settimane, la situazione in Campania potrebbe evolversi in modo positivo. Staremo a vedere.

 

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